In occasione del festival del cinema di Taormina, pubblichiamo uno speciale dedicato al grande regista Milos Forman.
Nato in Cecoslovacchia nel 1932, subì la devastazione nazista e la morte dei genitori nel campo di sterminio di Auschwitz.
Finita la guerra si iscrive e laurea alla famosa FAMU, la Scuola di Cinematografia dell'Università di Praga e sempre in patria inizia la sua carriera di regista 1973 con alcuni cortometraggi, ma sia la censura e successivamente l’invasione della Cecoslovacchi da parte dei sovietici, lo costringono a trasferirsi negli Stati Uniti.
Dominante è l’idea di svilire tutto ciò che è norma e conformismo all’interno della società, con idee sempre caustiche ed una vena ironica e pungente che raramente ha accennato ad esaurirsi.
Perfezionista per natura, ha sempre preteso di avere il controllo pressoché totale su ogni fase di lavorazioni, dalla realizzazione della sceneggiatura sino al montaggio finale.
Gira il primo lungometraggio nel 1963, "L'asso di picche" (Premio al Festival di Locarno) dove racconta le vicende di un uomo fallito sotto ogni punto di vista e conferma la volontà di proseguire su questa strada con il seguente, ed a tratti più maturo, “Gli amori di una bionda" dove al centro dell’attenzione è ancora l’incomunicabilità tra le vecchie e nuove generazioni.
Si distingue da subito per l’attrattiva ed il desiderio di affrontare problematiche sociali, soprattutto per lo stile completamente personale, già dai primi lavori, che segnano alcune delle sue pellicole più importanti.
Passano alcuni anni e torna alla carica con il suo ultimo film in terra natia, “Al fuoco, pompieri!", datato 1967, l’invasione Russa è stata 4 anni prima e Forman imbraccia ancora la telecamera per fare una satira del militarismo corrotto che governa in Cecoslovacchia, amplifica tutto ciò che era già presente nelle sue precedenti pellicole e ironizza non solo sul singolo uomo ma punta il dito direttamente contro il potere costituito.
Il film ha un successo immediato tra chi non sopporta il regime, ma l’impatto con la società è scandaloso e troppo provocatorio perché le autorità lo accettino, si arriva al punto il presidente stesso ne proibisce la proiezione.
Visto la censura, il governo, il regime che non gli avrebbe più permesso di girare, decide di fare il grande balzo e trasferirsi nella mecca del cinema gli Stati Uniti, e riesce a portare il suo tocco da maestro anche nel nuovo mondo dirigendo "Taking Off" nel 1971, dando prova di avere un profondo senso critico, non solo nel suo paese, ma riuscendo a scardinare le varie ipocrisie del popolo americano.
E’ nel 1975 che riesce però ad arrivare al successo internazionale con quello che è ritenuo il suo capolavoro,"Qualcuno volò sul nido del cuculo"tratta dal romanzo di Ken Kasey e vincitore dei 5 premi Oscar principali: film, regia, sceneggiatura non originale, attore ed attrice protagonisti a due grandi Jack Nicholson e Louise Fletcher.
La storia di un uomo che internato in un ospedale psichiatrico sano, non ne uscirà più, arriva ai cuori della gente come metafora sgradevole della società moderna che disumanizza l’uomo, all’appello non manca nessuno, compreso un Danny de Vito giovanissimo ed altri attori che avrebbero dimostrato di li a poco il loro talento.
La claustrofobia di questo film è data anche dal fatto è interamente girato all’interno di un ospedale psichiatrico (ad eccezione della scena di una fuga), progetto pensato e mai realizzato da ben 12 anni da parte degli studios (il film è prodotto da Michael Douglas e ci aveva già provata anche il padre Kirk).
A successo si sussegue successo e nel 1979 esce "Hair", tratto da un musical di successo che critica aspramente la guerra in Vietnam.
Orma Forman è il regista più affermato del momento e i lavori si susseguono sempre con rinnovato successo, ed arriva tratto da romanzo di E. L. Doctorown, "Ragtime" dove racconta la nascita dell’america d’inizio ‘900 mescolando, cosa molto comune all’epoca, realtà storica e finzione, in maniera del tutto personale.
La prossima tappa, il 1984, lo conduce a cimentarsi con quello che poi sarebbe diventato il suo modo di fare biografia cinematografica, è la volta di “Amadeus”, biografia semi-immaginaria sul compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart.
Baciato ancora dalla fortuna, il film è vincitore di otto premi Oscar, di nuovo alla regia, alla sceneggiatura, ai costumi, al suono, al trucco, alle scenografie, e a Fred Murray Abraham.
Per l’occasione Forman, usa Praga come set, dopo una decina d’anni torna sui luoghi della sua nascita e la filma come nessuno ne prima ne dopo di lui l’avevano fatto ed anche se il film è profondamente discorde con la storia originale di Mozart, è tratto dal testo teatrale di Peter Shaffner, che ne cura anche l'adattamento cinematografico, ne esce un film stilisticamente impeccabile e di una bellezza visiva che nessun’altra biografia era riuscita ad eguagliare, nonostante porti scredito a molti personaggi, a cominciare da dalla figura di Salieri.
Nel tentativo di ripetersi, Forman fa, forse, il suo unico insuccesso con "Valmont", ambientato nel medesimo periodo storico, il ‘700, e stravolgendo "Le Relazioni Pericolose" di Chaderlos de Laclos, forse all’insuccesso parziale di questo film ha contribuito, oltre che la ferraginosità dei personaggi, che sono estremamente inadatti alle parti, anche l’uscita del ben diverso film di Stephen Frears, dove il testo e lo spirito, erano conservati alla perfezione.
Ripete quindi la strada della biografia, con la struttura consolidata ormai da “Amadeus”, ed è così che viene proiettato "Larry Flynt-Oltre lo scandalo", Orso d'Oro al Festival di Berlin, diretto sotto l’egida di Oliver Stone, dove sputa in faccia alla stessa America, tutte le loro ipocrisie e le varie nevrosi, raccontando la vita di quello che è tutt’oggi considerato il re della pornografia al mondo, fondatore di una delle più indecenti riviste apparse, "Hustler". (Curiosità: il vero Flynt appare all’inizio nei panni di un giudice), ma anche un personaggio che è stato capace di controbattere la moralità del popolo perbenista americano, che non si è fermato davanti all’insulto a esponenti della chiesa e Babbo Natale, mettendoli in ridicolo con disegni osceni e frasi volgari, un personaggio che negli anni si è battuto per la libertà di stampa e d’opinione e per quanto si possa non essere d’accordo con tali idee, non si può fare a meno di apprezzare, grazie in maggior parte al film, il coraggio di un uomo, vissuto nell’amoralità e diventato una specie di icona nazionale.
E come è già successo, questa volta con esiti ben diversi, Forman dirige Jim Carey, in una delle sue interpretazioni migliori, nello splendido "Man on the Moon", dove alla solita struttura biografica, ormai cara al regista, non manca di sottolineare gli aspetti più controversi del personaggio/comico, Andy Kaufman.
In questo film, che segue quasi la struttura stralunata dei programma del vero Kaufman, Forman trova le note giuste per far ridere e piangere la gente allo stesso tempo e ci lascia una nota di malinconia per la scomparsa di un attore che aveva contribuito a fare della televisione ed il teatro un mezzo non solo di intrattenimento ma anche di arte e provocazione continua.
Aspettiamo ormai la sua prossima, e speriamo imminente, fatica.
Filmografia:
Laterna magika II (1960)
Konkurs (1963)
Kdyby ty muziky nebyly - "L'asso di picche", 1963;
Cerný Petr (1964)
Lásky jedné plavovlásky - "Gli amori di una bionda", 1965;
Dobre placená procházka (1966) (per la TV) (inedito in Italia)
Horí, má panenko - "Al fuoco, pompieri!", 1967;
"Taking Off", 1971;
I Miss Sonia Henie (1971) (inedito in Italia)
Visions of Eight (1973) (Nell'episodio "The Decathlon") (inedito in Italia)
One Flew Over the Cuckoo's Nest - "Qualcuno volò sul nido del cuculo", 1975;
"Hair", 1979;
"Ragtime", 1981;
"Amadeus", 1984;
"Valmont", 1989;
The People vs. Larry Flynt - "Larry Flynt-Oltre lo scandalo", 1996;
"Man on the Moon", 1999.
E.F.
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